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Architetture pavesi
TIPO SCHEDA: oa
Author
Chersicla Bruno , (1937/ 2013) -
Subject
architetture pavesi
Chronology
1963
Object
painting
Matter and technique
tavola/ tecnica mista
Measures
cm - altezza 205, larghezza 94
Location
Trieste (TS)
Università degli Studi di Trieste
smaTs
Codice scheda
OA_135628
Description

Bruno Cheriscla, con la sua opera che richiama la tecnica della tarsia lignea, presenta una visione affascinante delle architetture pavesi. La tavola è caratterizzata da una composizione verticale, dove edifici e monumenti della città di Pavia sono disposti uno sopra l'altro, creando un effetto di collage architettonico senza profondità né prospettiva tradizionale. Gli edifici iconici della città, come le chiese romaniche (San Michele Maggiore, San Pietro in Ciel d'oro), le torri civiche, il duomo e il ponte coperto, posizionati in una giustapposizione armoniosa. Ogni elemento architettonico è rappresentato con dettagli precisi e stilizzati, evidenziando le caratteristiche distintive delle costruzioni, come le facciate, le finestre, e le decorazioni. L'assenza di prospettiva e profondità conferisce all'opera un aspetto bidimensionale; i colori utilizzati mostrano una prevalenza delle tonalità marroni, ocra, e beige.

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Critical historical news

La grande tavola firmata da Bruno Chersicla è certamente il lascito artistico più importante della Fondazione Carlo e Dirce Callerio, da poco liquidata. L’opera riproduce i profili di alcuni dei più celebri edifici storici di Pavia, città d’origine di Carlo Callerio. Probabilmente era stato proprio lo studioso, al suo arrivo a Trieste nei primi anni sessanta, a commissionare al giovane artista locale un’opera così impegnativa, preceduta anche dal disegno preparatorio descritto alla scheda D_12276 (ID 860069) che riproduceva, questa volta in una fantasiosa assonometria, gli stessi edifici ripresi poi frontalmente nella tavola. Si tratta di un’opera piuttosto anomala nel percorso di Chersicla, anche in quegli anni d’esordio, visto che la sua prima mostra personale era stata allestita nella città natale nel luglio 1962 ed era composta da opere improntate a un rigoroso informale non figurativo di matrice materica. Nella tavola si riconoscono alcuni dei principali edifici della città, allineati a coppie dall’alto in basso la Certosa e una parte del Castello visconteo, al registro sottostante trovano posto le facciate della chiesa di San Michele e del Duomo, mentre ancora più sotto sono descritte, questa volta con più approssimazione la sede centrale e l’aula magna dell’ateneo pavese, certamente gli edifici cui il committente era più legato. Chiudono la sequenza il Broletto e l’inconfondibile facciata della chiesa di Santa Maria del Carmine fiancheggiata dalle torri, mentre l’ultimo registro è occupato dal celebre ponte coperto. Nella scelta dell’artista triestino, probabilmente d’accordo con Carlo Callerio, s’intendeva forse evocare le grandi tele con tassonomie cittadine proposte come decorazioni navali lungo gli anni cinquanta e sessanta da uno dei suoi professori all’istituto d’arte, Dino Predonzani, impreziosendole però con impasti colorati di forte spessore che in qualche modo anticipano la sua successiva vocazione per la scultura. Del resto Chersicla sin dai suoi esordi era solito immortalare i luoghi da lui visitati con personalissime immagini xilografiche in formato cartolina, che altro non erano che personalissime e assai sintetiche letture di luoghi, in questo caso trasformate su scala monumentale. Lo spunto gli era arrivato quando seguiva i corsi di arredamento e decorazione navale all’Istituto d’Arte Nordio di Trieste; un anno durante le vacanze estive spedì per posta i suoi saluti a un insegnante, lo stesso Predonzani, il quale al rientro lo ringraziò di cuore per il gentile pensiero, aggiungendo però che un allievo ‘serio’ di una scuola d’arte le cartoline se le disegna da sé, e così fece, preparando sistematicamente le sue immagini xilografiche prima di ogni viaggio per inviarle poi come testimonianza personale, e in qualche modo profetica, ad amici e conoscenti. Elvio Guagnini notava come Chersicla, attraverso le sue immagini, compia un’operazione in bilico tra poesia e racconto visivo: «dove la vista, il contatto con le cose si innestano sull’immaginazione preventiva, talvolta sul ricorso di immagini rappresentative viste altrove, sul proprio gusto grafico e coloristico. Ciò che dà una particolare fisionomia a questa singolare forma di diario autobiografico fatto da tante immagini che sono altrettante sintesi» (E. Guagnini, L’occhio del viaggiatore Chersicla, in Bruno Chersicla. Cartoline di viaggio, a cura di M. Botteghelli, P. Mandelli, Trieste, Asterios, 2020, p. 7).

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